Il materiale di partenza proviene maggiormente dall’utilizzazione dei residui forestali quali ramaglie, ceppi, e potature in genere o dagli scarti industriali delle lavorazioni del legno, principalmente sottoforma di segatura o trucioli, quest’ultimi formatesi ad esempio durante le operazioni di piallatura. In ogni caso il materiale da destinare all’operazione di pellettizzazione deve essere triturato fino all’ottenimento di una polvere fine.
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Lo sviluppo del mercato del pellet, dovuto in particolare all’espansione del commercio delle stufe a pellet atte ad utilizzarlo, ha fatto sì che la richiesta di tale biocombustibile superasse l’offerta di prodotto: si è così ricorso all’importazione di pellet da altri paesi comunitari e non, ma ci si è orientati anche alla ricerca di nuove materie prime con le quali produrre pellet.
Nel primo caso, alle importazioni di pellet da paesi aventi una certa tradizione in materia di bioenergie, quali l’Austria, si sono ultimamente aggiunti paesi emergenti dell’Europa orientale, quali Polonia ed alcuni paesi baltici; nella ricerca di nuovi materiali ci si è orientati verso i residui derivanti dall’attività agricola e forestale nonchè dell’industria alimentare.
Lo scenario sopra illustrato ha creato un po’ di confusione per quello che concerne la qualità del prodotto importato: la mancanza di una normativa nazionale in materia di qualità del pellet non ha permesso di creare stabilità ed una standardizzazione del prodotto: inoltre l’utilizzo di nuove materie prime, estremamente eterogenee tra loro, presuppone un rigoroso controllo qualitativo dello stesso per verificarne l’attitudine ad un utilizzo energetico.